mercoledì 25 maggio 2016

CON LA MIA TESTA, SULLA MIA FACCIA

IL PITTORE DEL RE SOLE: ESPRESSIONI DEL VISO E IL SISTEMA NERVOSO NEL '600
Charles Le Brun (1619-1690), primo pittore alla corte del re Luigi XIV, autore delle decorazioni di Vaux le Vicomte e di Versailles, direttore della fabbrica dei  Gobelins, membro eminente dell'Accademia di Pittura e cultura francece del tempo, promotore dello stile classico, studiò con acutezza analitica nel suo lavoro di artista e insegnante i volti e la fisionomia umana che descrisse in una famosa conferenza tenuta all'Accademia reale di pittura e scultura e che fu pubblicata postuma, “Conference sur l'expression générale et particulière”.  Gombrich lo ha descritto come "il primo studioso sistematico dell'espressione umana".  Cfr. Gombrich, L'immagine e l'occhio. Altri studi sulla psicologia della rappresentazione pittorica, Einaudi, Torino, 1982, p.119; e Patrizia Magli, Il volto e l'anima, Bompiani, Milano 1995, pp. 264-291).
In questa conferenza Le Brun descrive i moti dell'anima, che egli chiamava Passioni, sulla base del pensiero scientifico cartesiano: " L'azione non è nient'altro che il movimento di una qualche parte e il cambiamento dei muscoli. I muscoli hanno movimento solo tramite l'estremità dei nervi che passano attraverso di essi, i nervi agiscono solo tramite gli spiriti contenuti nelle cavità del cervello, e il cervello riceve gli spiriti solo dal sangue, il quale passa continuamente attraverso il cuore che lo riscalda e lo rarefà, in modo da produrre un certo tipo di aria sottile che va verso il cervello e lo riempie. Il cervello così riempito rimanda alcuni di questi spiriti alle altre parti attraverso i nervi, che sono come altrettanti piccoli filetti o tubicini che portano tali spiriti nei muscoli in maggiore o minore misura a seconda del bisogno, per compiere l'azione alla quale sono chiamati. Così, quel muscolo che si muove di più riceve maggior copia di spiriti, e pertanto diventa più gonfio di quelli che ne sono privi, e che per questa privazione appaiono più distesi e più ritratti degli altri.

Sebbene l'anima sia connessa a tutte le parti del corpo, vi sono tuttavia diverse opinioni circa il luogo in cui essa esercita più direttamente le sue funzioni. Alcuni sostengono che sia una piccola ghiandola situata al centro del cervello, poiché questa parte è unica, mentre tutte le altre sono doppie; e siccome noi abbiamo due occhi e due orecchie, e tutti gli organi dei nostri sensi esterni sono doppi, è necessario che vi sia un qualche luogo in cui le impressioni che vengono da un solo oggetto tramite i due organi degli altri sensi si possano riunire in una prima di raggiungere l'anima, in modo che non le si presentino due oggetti al posto di uno. Altri dicono il cuore, perché in questa parte si sentono le passioni; ed è mia opinione che l'anima riceva le impressioni delle passioni nel cervello, e che essa ne senta gli effetti nel cuore. I movimenti esteriori che ho notato mi confortano abbondantemente in questa opinione (...)".

CESARE LOMBROSO COLLEZIONISTA DI VOLTI

Dopo una laurea in medicina, Cesare Lombroso nel 1862 viene inviato come medico militare con il suo battaglione in Calabria, nell'ambito della lotta contro il brigantaggio, dove inizia a elaborare una personalissima teoria sulle personalità dei criminali mediante una ricerca morfologica, che, mediata dalla frenologia, mira alla determinazione delle categorie morfologiche, mediata dagli studi della statistica, dalla normalità alla devianza, da uomini "normali " ai delinquenti, alle prostitute, dei malati di mente.  Dice Patrizia Magli: L'ossessione con cui la misurazione diventa parametro indicativo è data, per esempio, dall'uso del goniometro, strumento che misura l'angolo auricolo-madibolare allo scopo di costruire una scala che va dall'uomo normale alla scimmia passando attraverso vari tipi di criminali".
Per Lombroso il criminale è segnato, predestinato, dalla natura mediante segni somatici visibili sul volto e nella forma del suo cervello, di cui il cranio conserverebbe le impronte: Come un ossessivo collezionista. Lombroso pertanto raccoglie e misura i crani di briganti famosi, scheletri di delinquenti, manufatti realizzati dai carcerati e dai malati di mente, conserva i calchi dei volti, i tatuaggi sui frammenti di pelle, le scritture dei criminali e dei paranoici e, scrive P.Magli " In un bric-à-brac della devianza, un' art brut, il tutto inteso come reperto diagnostico, come raccolta di sintomi rivelatori, di prove, di supporti concreti per dedurre una teoria". 

Tutto per dimostrare che i "cretini formano un vero anello tra l'animalità e l'umanità", come scrive nei suoi Studi clinici e antropometrici sulle microcefalie," l'animalità che si esprime nell'uomo nelle due forme dell'atavismo (tendenze ataviche omicide o di insensibilità al dolore che dal mondo animale sopravvivrebbero nei primitivi, nei neri, nei bambini e in alcune malattie mentali) e della degenerazione. L'animalità viene trasfusa in gradi negli umani, a seconda dello stadio evolutivo."
Esiste poi secondo Lombroso, una vera differenziazione somatica tra i delinquenti, mediante una definizione dei segni riconoscibili: orecchi ad ansa, capelli abbondanti, scarsa barba, seni frontali e mandibola enorme e gesticolazione frequente per i delinquenti nati; sguardo vitreo, spesso immobile, naso spesso e aquilino, adunco o meglio grifagno, denti canini molto sviluppati per gli omicidi abituali; occhi errabondi nasi torti e camusi, mobilità della faccia e delle mani per i ladri per i ladri abituali, con viso pallido e incapace di arrossamento.


 
FRANZ XAVIER MESSERSCHMIDT E IL LINGUAGGIO DEI SEGNI MOBILI

Messerchmidt, TESTE DI CARATTERE
Scultore classico alla corte di Vienna, Messerschmidt ( 1736-1783) abbandona la vita di corte per ritirarsi in solitudine in una casa, forse in preda a uno stato di confusione mentale, attorniato da sessantaquattro delle sue Teste di carattere, i cui titoli sono stati attribuiti dopo la sua morte. Tra gli studi su Messerschmidt è rimasto giustamente famoso il saggio sulle “teste di carattere” pubblicato da Ernst Kris la prima volta nel 1932: sulla base, principalmente, della testimonianza diretta dell’erudito Friederich Nicolai, che conobbe lo scultore nel 1781, Kris concluse che Messerschmidt soffrisse di una grave forma di paranoia nell'ambito del una generale schizofrenia e che la sua produzione psicotica fosse legata a un tracollo professionale ed esistenziale vissuto intorno al 1770-71. 


Scrive Kris che " (...) Nicolai visitò Messerschmidt nella sua solitaria casa ai bordi della città di Pressburg (odierna Bratislava). L’intero arredo del ritrattista della corte imperiale e docente accademico si componeva di un letto e pochi poveri oggetti, tra cui un trattato italiano sulle proporzioni del corpo umano e un foglio appeso vicino la finestra con il disegno di una statua egizia: questo disegno era legato a certe sue idee stravaganti, che giungevano in lui ad eccessi da far meraviglia”.


Messerschmidt gli rivelò di essere tormentato da spiriti spaventosi, tra cui il demone della Proporzione, e che scopo delle sue misteriose sculture era di tramandare alla posterità, segreto per allontanare gli spiriti, le smorfie di dolore corrispondenti ai forti pizzichi inflitti allo scultore in varie parti del corpo.

LE FACCE-FARSA DI ARNULF RAINER




Arnulf Rainer, FACE FARSES (serie) 1968-75
Sono lavori eseguiti con tecnica mista, ovvero disegni con matita acquerellabile e acquerello su fotografie in bianco e nero. Tra il 1968 e il 1975 Arnulf Rainer ha realizzato questa serie che comprende decine e decine di autoritratti, più sovente concentrati sulla faccia dell'artista, dove lui stesso mette in atto contorsioni del volto e segni che ne deformano le espressioni.
Scrive lo stesso artista nel catalogo della mostra Vienna - Cologne (1971):
  "During the years 1968 and 1969 I began to go to the train station nearly every week at night. There is an automatic picture-booth there, which not only makes passport pictures but postcard portraits as well. During the day, people who waited impatiently in front of the booth or peeked curiously through the curtains often disturbed me. Some even wanted to see samples when I took ten or fifteen postcards out of the slot and destroyed most of them because they weren't good enough. So I put in a later appearance, when the last trains had left and it was almost time to close the station. After a quick glass of wine under the suspicious glances of policeman at the counter. I went to work. A certain feeling of excitement was necessary; an abundance of expression in the facial muscles and nerves. I talked myself into this state all day, especially when I drove my car through the city. I still practice this sort of auto-suggestion, combined with more or less harmless drugs. Intoxicating drugs don't work; they heighten the imagination but weaken my muscles [p. 4]."
 "I am neither a painter, nor a poet, nor a sportsman, nor a film maker, nor a philosopher, but an exhibitor. In my work, figurative art is miming and gymnastics. Gesture, body dynamism or facial kinetics are for me neither a game nor a theatrical tool, much less a ritual, but consciousness, that is, the most important form of communication of man (and of many mammals). In order to document this body language in its static or moving aspects, I use photographs and films "(‘Arnulf Rainer: Bodyposes', Flash Art, vol.39, Feb.1973, p.12). 









I suoi lavori spesso sono realizzati "come" in uno stato di trance, con un'eccitazione nervosa necessaria all'azione, oppure sotto ipnosi, e registrati da un fotografo: facendo uso di mescalina o altri allucinogeni, raggiunge anche segni gestuali colorati che poi riproduce e aggiunge sull'immagine, in stato cosciente, per raggiungere, nell'immagine, l'intensità gestuale voluta e ricercata nella performance.
When I first began graphically to work on the photos of my mimic farces I discovered things; entirely new, unknown people who lurked within me but whom my masks alone could not formulate' (Breicha (ed.) 1980, p.106)

PENONE E GLI OCCHI SPECCHIANTI


Giuseppe Penone, ROVESCIARE I PROPRI OCCHI, 1970
E' un lavoro in cui Penone, applicando sui propri occhi due lenti specchianti, cancella l'espressività del suo sguardo e, parallelamente, inventa una propria versione dello sguardo stesso: una versione rovesciata, dove l'altro e l'esterno  si specchiano nel proprio viso, e dove la propria vista è annullata.

BETTINA VON ZWEHL: SENTIRE LA MUSICA ATTRAVERSO IL VISO DELL'ALTRO



Bettina Von Zwehl, ALINA, 2004
fotografa tedesca, nata a Monaco nel 1971, vive e lavora a Londra.
I ritratti fotografici di giovani donne (tutte della stessa età e molte di loro sono studentesse del Royal College of Music di Londra), sedute in una camera buia e tutte intente a guardare in basso, mentre ascoltano Für Alina di Arvo Part, una composizione scritta come regalo per una donna estone che studiava a Londra. Durante la seconda parte del pezzo, Bettina le fotografa usando il flash.  ARVO PART è un compositore estone. Für Alina del 1976 è un primo esempio del suo stile inconfondibile che lui stesso ha definito "Tintinnabulum", che prevede la creazione (non certo ipertrofica) di elementi musicali a partire da una formula semplice, come ad esempio una triade, con eliminazione di dati inessenziali. Für Alina è un pezzo per pianoforte solo, costruito su una scarna melodia al di sopra di un’armonia molto rarefatta.  
Per ascoltare la musica: https://www.youtube.com/watch?v=8as_BN5h5YQ

AKEMI TAKEIA, LA VIOLENZA DELLA MACCHINA-FACCIA



Akemi Takeia, MODELL 5, ( 1994-96)
Realizzato con il gruppo Granular Synthesis. Si tratta di una composizione video a quattro canali e audio a otto canali, che si dispiega in quattro schermi-ritratto di grande in formato con amplificazione imponente dei suoni gravi.
Realizzato con poche espressioni della faccia dell'artista, che vengono riprodotte fino a una velocità frenetica che ne esplora le diverse facce fino a farle diventare sue alter ego. Ogni configurazione conosciuta delle singole espressioni del volto si espande e si chiude in movimenti che si dissolvono, in una ridondanza denaturalizzata, in una sorta di dolore macchinico. Il messaggio semantico diventa nullo perché c'è troppo rumore perché esso risulti disponibile a una ricezione meditativa. L'immagine frontale e la struttura fortemente e nervosamente ritmica generano emozioni contraddittorie e di forte straniamento. Il ritmo naturale è eliminato e rimpiazzato da uno meccanico. 
Così scrivono I Granular Synthesis “The idea was to create a media figure oscillating between ” naturalness and artificially” one that could be both seductive and violent. both desperate and robotic, a Cyborg, an attractive/repulsive, alien/familier hermaphrodite.” 
Per saperne di più su Takeia:  http://www.akemitakeya.com

LA MIMICA ARBITRARIA DI BRUCE NAUMAN

Bruce Nauman, LYP SYNK, 1969
Un primo piano rovesciato della bocca dell'artista. Naumann ripete le parole “lip sync” e la traccia audio si sposta  fuori sincrono rispetto al video,  determinando uno scollamento tra ciò che si vede e ciò che si sente. Lo spettatore resta anche lui in bilico, nella difficoltà di connettere ciò che vede con ciò che sente.
guarda il video http://www.vdb.org/titles/lip-sync



Bruce Nauman, STUDI PER OLOGRAMMI, 1968
serigrafie su carta, in giallo su Bianco e nero
Mostra la metà della faccia dell'artista in espressioni esagerate.
Nel 1968 Naumann produce una serie di ologrammi intitolati MAKING FACES nei quali contorce e tira la sua faccia in una serie di gesti esagerati,prendendo a modello  le facce che si fanno per i bambini, per divertirli, distrarli, terrorizzarli.  Gli ologrammi furono proiettati su vetro. Nel 1970 Nauman prese questi vetri e seleziona 5 immagini che vennero ingrandite e serigrafate. Nel loro nuovo formato, molto più grandi che nel vero, e dipinte in giallo su bianco e nero, vennero trasformate in una specie di lessico delle espressioni facciali.  Senza occhi, le connessioni emozionali diventano difficili, ambigue.  Il soggetto è la bocca del protagonista  e la sua trasformazione mediante pizzichi, schiacciamenti, tiraggi. Il corpo diventa una forma plastica, manipolabile come una scultura, che gioca con la gestualità facciale e la sua caratteristica di evocare risposte emozionali nell'osservatore, per essendo, in questo caso, un'espressività dettata da movimenti arbitrari, con nessun legame con la psicologia del soggetto.


Scrive Nauman, a proposito di questo suo lavoro sulla manipolazione del corpo come forma significante: " The idea of making faces had to do with thinking about the body as something you can manipulate. I had done some performance pieces - rigorous works dealing with standing, leaning, bending - and as they were performed, some of them seemed to carry a large emotional impact. I was very interested in that: if you perform a bunch of arbitrary operations, some people will make very strong connections with them, and others won't. That's really all the faces were about - just making a bunch of arbitrary faces. (in Cordes, p.25)"

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